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Silk Road to Samarkand

JonnyV

Well-known member
Silk Road to Samarkand

Se c’è una persona che mi ha stuzzicato a percorrere la Via della Seta, quella va individuata in “gimale” e nel suo eccellente diario, intriso di ottime fotografie, frutto dalla sua reflex, suppongo, e della sua bravura in primis.
Ero reduce alla fine di marzo da una transatlantica dai Caraibi, non proprio esaltante, e così mi ritrovavo a cercare qualcosa di speciale che potesse esaudire le mie mire di viaggiatore.
“Galeotto fu il diario e chi lo scrisse” nel quale mi imbattei nelle mie consuete scorribande nel nostro forum scoprendo un luogo affascinante dalle “mille sfumature di blu”: Uzbekistan.
Il tarlo aveva già corrotto la mia mente e quando si insinua è difficile stanarlo e così, nella calura estiva e in attesa di un pargoletto da mia figlia, alla fine di luglio, studiare e organizzare erano diventate le attività quotidiane.
Sulla scorta delle molte informazioni recuperate da internet, avendo come guida prioritaria il resoconto di gimale, l’itinerario fu subito stabilito nella esplorazione di tre città: Khiva, Bukhara e Samarcanda.
Tentare un viaggio in moto? Troppo lungo l’itinerario tra andata e ritorno; troppo tempo per praticarlo; molte difficoltà per traghettare il mar Caspio e concrete vicissitudini con la frontiera del Turkmenistan.
Alternativa? Volare!
Qualche perplessità nell’avvalersi della compagnia Uzbekistan Air, più che altro dovuta al fatto di partire da Malpensa, scalo lontano dalla mia residenza e conti da fare anche con le nostre ferrovie, i suoi costi lievitati e la imprevedibilità dei collegamenti.
Qualcosa però ce l’avevo quasi sotto casa: Turkish Airlines, volo a/r con partenza da Bari, stop over a Istanbul e destinazione finale Urgench Aiport, una trentina di chilometri da Khiva. Ritorno da Samarcanda e medesima rotta con scalo intermedio a Istanbul.
La compagnia aerea è fortemente quotata e per di più, nella lunga attesa di volare all’una e dieci di notte verso Urgench, mi offriva la possibilità di usufruire di “touristanbul”, un tour guidato fra moschee e bazar con cena finale in un ristorante,
Tutto gratuito. Il tour e la cena s’intende!
Detto fatto e anche i voli confermati.
Confermate anche le sistemazioni alberghiere nelle tre città: poco prezzo e non lontane dal centro delle tre città che intendevo visitare.
Infine dovevo acquistare solo i biglietti del treno verso Bukhara e quello verso Samarcanda ma, mentre mi trastullavo nell’acquisire informazioni sui siti da visitare e in attesa che si aprissero le prenotazioni delle ferrovie uzbeche, sembrava che la cosa più facile fosse diventata quella più difficile. Infatti il biglietto per Bukhara poteva essere acquistato on line solo con carte uzbeche.
Non mi sono perso d’animo e l’ho fatto acquistare dall’encomiabile proprietario dell’albergo di Khiva. A fine giornata avevo nella mail il mio ambito biglietto.
Per la tratta Samarcanda nessun problema: treno alta velocità Afrosiyob, quindici euro e biglietto pagato con la mia carta di credito.
Non mi restava altro da fare se non attendere il fatidico giorno di partenza del 26 agosto.
Nel frattempo, a rendere più deliziosa l’attesa ci ha pensato mia figlia dando alla luce il pargoletto Federico, rendendomi felicissimo nonno per la seconda volta.

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continua...
 
2 - Silk Road to Samarkand

Con queste note sulla mia esperienza di viaggio in Uzbekistan cercherò di non fare un doppione di quanto riportato da gimale nelle sue “sfumature di blu” attraverso le fotografie, i commenti storici, paesaggistici e di costume. Sono già molto esaustive.
Tuttavia, le impressioni positive riscontrate nel mio viaggio sono state senza dubbio e ancora una volta la prova che viaggiare allena la mente e lo spirito, allarga l’orizzonte, scopre realtà nascoste che hanno solo voglia di essere portate sotto la luce dell’osservatore capace di distinguere e apprezzare quello che il mondo ci regala a ogni passo della nostra esistenza.

Partiamo quindi per un viaggio affascinante alla ricerca di sensazioni non comuni e luoghi mitici che hanno fatto la storia della umanità.

La frenesia dell’attesa sfiorava i quaranta gradi come la temperatura di agosto alle nostre piacevoli latitudini fatte di sole, di mare ma purtroppo anche di pioggia nulla da ricercare solo nei territori da metà Italia in su.
L’equipaggiamento era pronto da tempo composto solo da un trolley e da un fidato e piccolo zainetto che mi ha sempre fatto da compagno ovunque.
A tutelare la mia scarsa propensione a usare il cellulare con il quale ho un rapporto altamente conflittuale, mio figlio mi aveva comunque regalato un iPhone con le capacità di un computer: traduttore off line, convertitore di valuta, mappe off line e quant’altro. Un veloce apprendistato non aveva dissuaso i dubbi circa la mia effettiva capacità di alfabetizzazione informatica e il mio roadbook cartaceo era comunque l’ausilio del quale non avrei mai potuto fare a meno.
Non avevo un contratto internet perché avevo notizia che le connessioni wifi in Uzbekistan fossero affidabili e diffuse, salvo dimostrazione del contrario.
Dopo una notte quasi insonne, l'aereo della Turkish Airlines era pronto ad accogliermi alle nove del mattino del 26 agosto con destinazione Istanbul nel suo nuovo e immenso aeroporto di approdo IGA.
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Nella trasvolata di appena due ore a bordo di un boeing vecchiotto che certo non mi aspettavo, una colazione non ha soddisfatto i miei gusti. Meglio il mio panino del mio sacchetto e un succo di frutta tra le molte bevande disponibili nel carrello dello steward di bordo.
Istanbul e il Bosforo si intravedono dall’oblò in una bella giornata quasi priva di nuvole, ma la botta dell’atterraggio mi fa quasi risvegliare da un dolce sonno e sobbalzare dalla mia seduta.
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L’aereo ha rullato senza sosta per almeno mezz’ora prima di approdare al tunnel per l’uscita dei passeggeri e subito si sono palesate le centinaia di metri da percorre con tapis roulant prima di soddisfare le formalità per l’ingresso in Turchia, abbastanza veloci devo dire. Di colpo sono catapultato in una struttura ingegneristica dall’eleganza moderna e inconsueta di un aeroporto progettato come il più grande del mondo, pervaso da punti vendita di firme prestigiose, duty free, ristoranti, shuttle elettrici, monitor sparsi ovunque e persone, tante persone che si muovevano freneticamente per raggiungere la propria destinazione finale.
E’ appena l’una e trenta di pomeriggio e mi tocca attendere fino alle quattro quando tutti coloro che partecipano al tour saranno radunati dall’accompagnatore che parlerà solo in inglese.
All’ora prefissata si sono presentate più di cento persone fatte salire a bordo di due bus gran turismo e siamo partiti alla volta di Istanbul. Purtroppo siamo scesi non proprio vicinissimi al centro città e sotto il sole pomeridiano è stata una bella faticaccia raggiungere il Gran Bazar, attraversarlo e poi lasciati liberi per circa mezz’ora nei pressi della moschea Mahmut Paşa.
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All’accompagnatore, scusandomi, ho spiegato che conoscevo molto bene Istanbul e quindi potevo fare a meno delle sue informazioni.
Mi riservavo invece di non perderlo di vista per evitare problemi di ritorno in aeroporto.
Mi sarebbe piaciuto mangiare un pò di kebab e qualche pannocchia di grano turco ma purtroppo non avevo cambiato qualche decina di euro.
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Abbiamo poi camminato fino a Santa Sofia senza entrarvi e quindi a Sultanamet, affollatissima ma bellissima, nella quale ci siamo soffermati parecchio tempo per informazioni adeguate e esaustive da parte del nostro accompagnatore. Il tour è proseguito lungo l’Ippodromo con le consuete informazioni storiche.
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Per terminare siamo saliti al ristorante poco distante per una cena che ha languito la mia voglia di mangiare qualcosa e devo dire non male quello che ci hanno servito.
Qualche centinaio di metri per riprendere il bus e alle nove di sera siamo tornati in aeroporto congratulandoci tutti con la nostra guida alla quale ognuno ha elargito un cachet.
E ora è dura perché devo attendere la partenza all’una e venti di notte con l’aereo che in quattro ore mi condurrà finalmente a Urgench.​

continua...
 
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