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Le ville di delizia....trame di bellezza.

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"Sala della Monarchia deve il suo nome all'affresco collocato nel medaglione centrale del soffitto. Questo è attribuito al pittore Giuseppe Doneda detto il Montalto (1609-1680 circa) e raffigura un'allegoría della Monarchia spagnola, evidenziata da una ricca cornice a stucco con teste di angioletti, riferibile allo scultore comasco Giovanni Battista Barberini: ulteriore testimonianza del forte desiderio della famiglia Arese di connotare i cicli pittorici con una vigorosa impronta politico-figurativa.

La volta che circonda il dipinto è ornata da un decoro settecentesco, oggi purtroppo molto rovinato, con cornici a "pergamena", figure di putti e vasi di fiori, probabilmente commissionato da Renato III Arese Borromeo dopo la morte del padre Giovanni Benedetto avvenuta nel 1744. In precedenza le lunette contenevano una serie di ritratti ottagonali raffiguranti alcune principesse europee, oggi conservati al Palazzo Borromeo dell'Isola Madre.


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È qui presente l'albero genealogico della famiglia..




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Il piano Nobile


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All'interno di strutture che si dispiegavano in genere su tre piani (più raramente su quattro), nei palazzi il piano nobile coincideva con il primo piano. Era così chiamato perché costituiva la residenza vera e propria della famiglia e contava generalmente le migliori decorazioni interne di tutto l'edificio.

Al piano nobile si collocavano alcune stanze di rappresentanza come i saloni, poi le camere da letto e le altre stanze ad uso della famiglia padronale. Anche dall'esterno il piano nobile era in genere riconoscibile per le finestre più ampie e le decorazioni sulla facciata. Balconi e terrazze erano pure segno di distinzione, anche se sono elementi più tardi, divenuti popolari dal Seicento in poi.

Per accedere al piano nobile dal piano terreno era presente uno scalone, di impianto spesso monumentale, che in genere partiva dal cortile centrale. Tra il piano terreno e il piano nobile potevano collocarsi dei mezzanini, cioè piani intermedi ad uso della servitù, accessibili attraverso altre scale.

Il piano nobile è un elemento tradizionale e tipico dei palazzi nobiliari urbani dal primo rinascimento fino al XIX secolo circa, quando la distinzione di funzione fra i vari piani e ambienti di un palazzo perse il rigido carattere schematico verso una maggiore libertà di destinazione degli ambienti.


Quindi si sale....noi lo faremo attraverso alcune scale secondarie e non attraverso lo scalone d'onore, questo per logistica. Siamo alla fine dell'ala del piano terreno e qui, ben nascoste, vi erano delle scale utilizzate soprattutto per arrivare più velocemente al giardino posto sul retro della dimora.

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Un primo ambiente si apre a noi e non possiamo fare a meno di notare lo splendido soffitto a cassettoni decorato.

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La Galleria delle statue è qualcosa che ti lascia letteralmente senza fiato!



Evidenti sono le valenze culturali espresse nel ricco apparato di affreschi parietali della sala: scandite da riquadrature architettoniche arricchite da motivi floreali, sulle pareti si fronteggiano finestroni reali e finestre dipinte; gli intercolumni sono occupati da figure a monocromo dorato che rappresentano le Arti liberali e, dirimpetto, i personaggi che hanno eccelso in queste discipline.

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La "Galleria delle Statue" è l'unico ambiente del piano nobile in cui anche i cassettoni del soffitto sono dipinti con, al centro, una serie di putti che recano gli emblemi delle arti e delle scienze e, agli angoli, gli stemmi familiari dei proprietari del palazzo.

Un'iscrizione dipinta reca la data 1663, da intendersi come l'anno di inizio dei lavori di decorazione; differenti mani sono intervenute in questo ambiente: Antonio Busca, Giovanni Ghisolfi e dei fratelli Giovanni Stefano e Giuseppe Doneda detti i Montalto.
 
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In questa immagine vedete la contrapposizione simmetrica, da un lato le finestre vere, dall' altro quelle dipinte....dietro il vetro addirittura si affaccia una dama.

Molto verosimile alla realtà, poiché tutto l'ambiente...un gigantesco trompe-l'oeil è supportato dalla luce che entra realmente dai finestroni e proietta le ombre dei personaggi sul muro... assolutamente realistico. Le figure prendono vita..



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I nobili avevano la loro cappella privata all' interno della dimora.



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L'"Oratorio privato di San Pietro Martire" è costituito da un piccolo ambiente internamente tripartito, coperto da una cassettonatura floreale e caratterizzato da una decorazione parietale molto ricca. Le scene, raffiguranti eroi ed eroine dei racconti biblici, sono inquadrate da lesene ionico-corinzie poggianti su un'alta base e sormontate da un fregio decorato.

Il ciclo pittorico è leggibile anche in riferimento alle storie della famiglia Arese, con particolare riferimento al dramma della morte di Giulio II Arese.

La cappella fu ufficialmente consacrata nel 1677 anche se è probabile che la realizzazione degli affreschi risalga a qualche anno prima. La critica attribuisce il complesso pittorico a più mani, con la predominanza del pittore Antonio Busca (1625-1686) e Giovanni Ghisolfi (1623-1683) che qui si sono avvalsi della collaborazione dei loro allievi.

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In questa foto potete notare, tipico della pittura del settecento, la figura del giovane con una candela in mano che si affaccia sull'androne di una porta....una finta porta socchiusa che lascia intravvedere una sala, che in realtà non esiste. Sono le illusioni ottiche tipiche di quel periodo....molto realistico poiché la figura è a grandezza naturale...non sarà la sola " presenza "....

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La sala doveva verosimilmente costituire in origine uno studiolo o semplicemente un locale di passaggio per accedere alla cappella privata dedicata a San Pietro Martire.

L'attuale decorazione parietale ad affresco mostra una fitta intelaiatura architettonica che riveste interamente le pareti, caratterizzata dalla presenza di pilastri mistilinei di ordine dorico sormontati da un architrave con cornice sporgente decorata a rosette. Al di sopra, una serie di cornici a volute ornano piccoli quadri raffiguranti scorci paesaggistici, alternati a peducci con decorazione frontale a foglia. La stretta parete meridionale si differenzia da questa impostazione per la presenza di riquadratura architettoniche che lasciano intravvedere un giardino all' italiana.


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Come in altre sale del piano nobile, anche qui compaiono raffigurazioni di finti quadri posizionati sopra le porte d'accesso.

Entriamo così nelle stanze più intime della famiglia...


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In questa sala è stato reso omaggio ad un personaggio illustre del design italiano.
 
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L'ambiente è assolutamente splendido: finte architetture incorniciano altrettanti paesaggi dove la dovizia dei particolari si sprecano.

Sala delle Rovine

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La “Sala delle Rovine” deve il suo nome alla ricchissima decorazione parietale ad affresco, raffigurante monumentali rovine sulle quali la vegetazione cresce vistosamente. I paesaggi sono separati da una puntuale e precisa riquadratura architettonica affrescata, costituita da un ampio architrave con festoni sorretto da un sistema di pilastri con mascheroni, in cui la luce corrisponde a quella reale proveniente da porte e finestre.

All’interno delle specchiature si scorgono rovine romane di assoluta fantasia o ispirate alla realtà liberamente reinterpretata dal pittore. Sulla parete settentrionale, ad esempio, sopra il camino, è raffigurato il Colosseo affiancato dal Colosso eponimo di Nerone-Elio, con accanto un personaggio che lo sta disegnando, probabile abbozzo dell’autoritratto dell’artista.
La critica ha assegnato tutte le raffigurazioni di “boscarecce” dipinte all’interno del palazzo al pittore milanese Giovanni Ghisolfi , formatosi a Roma presso la cerchia di Salvator Rosa . L’esecuzione delle parti più seriali dovrebbe invece appartenere ai Mariani, una delle più grandi botteghe quadraturistiche attive a Milano e in Lombardia in quegli anni.
Sopra il camino, ricostruito su preesistenze, compare un imponente “stemma di alleanza” sorretto da amorini. Esso contiene, oltre al motto degli Arese, gli emblemi riuniti delle famiglie Arese, Omodei e Visconti di Brebbia, a testimonianza e garanzia della saldezza dei rapporti tra i differenti rami familiari.
Nel complesso la sala differisce dalle adiacenti, in cui il primato della natura viene quasi ostentato, per la predominanza delle architetture, prodotto dell’ingegno umano e dunque della cultura. Una vittoria, questa, apparentemente di brevissima durata rispetto all’eternità della natura, che qui viene grandemente proposta anche nelle scene paesaggistiche, conferendo alle costruzioni un aspetto quasi effimero. Le architetture in rovina ebbero durante il Barocco una straordinaria diffusione proprio per la particolare suggestione offerta dalle loro forme ‘corrose’ e ‘invase’ dalla natura, che esemplificavano perfettamente il concetto di tempo che scorre senza tregua, modificando inesorabilmente anche le migliori e più solide costruzioni umane. Poter presentare all’interno delle residenze nobiliari e delle ville di delizia una serie di vedute ruinistiche rappresentava, inoltre, la possibilità di mostrare agli ospiti la propria cultura ed erudizione storico-architettonica, seppure sublimate da sfondi particolarmente suggestivi e, in alcuni casi, con evidenti modifiche rispetto alla realtà finalizzate all’idea di un mondo perduto.

In questa sala, nota negli inventari di palazzo anche come “Stanza grande del letto verde”, non manca la possibilità di rintracciare personaggi plebei accanto a nobili che passeggiano tra le rovine. I dipinti suggeriscono, infatti, la presenza di un variegato microcosmo sociale che, talvolta, sfocia nel grottesco e nell’irriverente, poiché nell’infinita varietà delle scene proposte, l’artista nasconde tutti i vizi e gli atteggiamenti umani. Accanto a persone che chiedono l’elemosina e a nobili più interessati alle dame che a ciò che accade accanto a loro. La stanza dipinta costituisce, dunque, una sequenza quasi infinita di singole istantanee registrate dall’artista, che qui ha inserito i comportamenti degli esseri umani in un unico contesto unitario, offrendo ai padroni di casa e agli ospiti la possibilità di scrutare e riflettere sulla multiforme scenografia della commedia umana.




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Arriviamo in questa sala che ci lascia letteralmente sbalorditi....sembra di entrare in un bosco....

La “Sala della Boscareccia” è decorata ad affresco con scenografici apparati illusionistici, raffiguranti paesaggi boschivi riccamente abitati da un’eterogenea fauna. Tali paesaggi sono inquadrati ai lati da grossi fusti d’albero, che assumono la connotazione di elementi architettonici portanti, collegando il pavimento al soffitto a cassettoni lignei e fungendo da sostegno a una finta trabeazione naturale dipinta, che sembra sporgere dal soffitto stesso.



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Le alberature dipinte, in questo modo, dividono le pareti in ideali riquadri, in cui compaiono bagnanti in un torrente, cacciatori, una rissa di contadini e mulattieri, tutti raffigurati sullo sfondo di paesaggi a tratti rocciosi e aspri e a tratti collinari e verdeggianti. Paesaggi connotati dalla presenza umana e dell’acqua, dipinta nelle sue differenti accezioni naturalistiche, proprie di ruscelli e laghetti, e antropizzate, in cui evidente appare l’apporto umano, come nel caso dei mulini. All’interno delle scene dipinte in questa sala non mancano, inoltre, elementi architettonici, tra i quali si distinguono castelli, edifici religiosi e case rustiche. Esse si ispirano dunque al paesaggio locale, anche se non mancano significative proposizioni ideali e riferimenti alla cultura esotico-orientale. Numerosi, inoltre, sono i richiami alla flora e alla fauna del nuovo continente americano, con chiare allusioni politiche legate all’importanza delle scoperte geografiche compiute dalla corona iberica.

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Sala della Boscareccia





Gli affreschi rappresentano un pasticcio botanico con coesistenze impossibili da rintracciare in natura, ma pienamente giustificate dal progetto scenografico unitario. Questi accostamenti, mai grotteschi o forzosi, sono infatti sempre presentati con delicata compostezza e tenue armonia. Tale approccio si rivela ricco istanze della cultura seicentesca, da sempre pervasa da sollecitazioni intellettuali e da curiosità per le “stravaganze”. Il tema della boscareccia ha infatti radici molto complesse che trovano riscontro nel gusto tipicamente barocco per il mimetismo, poiché un bosco selvaggio è quanto di meno omologabile alla razionalità umana e per questo diventa il soggetto ideale per essere dipinto, attraverso l’ingegno artistico umano, all’interno di palazzi e dimore nobili, anch’esse espressioni dell’ingegno dell’uomo e del sua padronanza delle leggi statiche.
La presenza di differenti scene di genere all’interno dell’inquadratura naturalistica boschiva, impone all’osservatore una visione differenziata dei singoli elementi, ovvero molteplici visioni d’insieme, capaci di farne cogliere il contesto, e vedute ravvicinate, che consentono di ammirare fin nei più piccoli dettagli ciò che è dipinto e narrato. Questa necessaria modalità di fruizione degli affreschi, trova riscontro nell’idea, tipica della cultura scientifica seicentesca post-galileiana, una realtà sempre in bilico tra le altezze del macro-cosmo e gli abissi del micro-cosmo, ben esemplificate dalle due grandi scoperte del XVII secolo costituite dal cannocchiale e dal microscopio.

Anche questi dipinti sono attribuiti a Giovanni Ghisolfi (1623-1683), pittore di origini milanese formatosi a Roma presso la cerchia di Salvator Rosa, particolarmente sensibile ai temi del rovinismo di matrice classica e alla riproposizione della natura.


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Mi colpisce di come l'artista abbia "inglobato" le porte e l'architrave del tetto nel quadro d'insieme figurativo, in modo da incorniciare le varie immagini rappresentate dando loro rilevanza rispetto alle strutture murarie della sala.
 
Mi colpisce di come l'artista abbia "inglobato" le porte e l'architrave del tetto nel quadro d'insieme figurativo, in modo da incorniciare le varie immagini rappresentate dando loro rilevanza rispetto alle strutture murarie della sala.
Vero. Di presenza ti assicuro che il coinvolgimento è veramente impressionante, ci si sente completamente avvolti dalla natura e pare di essere al centro di una radura nel bosco.
 
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