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Il mare che inquieta, il mare che chiama. Diario di una crociera tra Mediterraneo e Atlantico a bordo di Celebrity Equinox 11 – 20 settembre 2025

Stato
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Scendiamo verso Rua da Bica de Duarte Belo, la strada che regala uno degli scorci più iconici di Lisbona: la funicolare che sale incorniciata dai palazzi colorati, con il Tago sullo sfondo. Ma l’Elevador da Bica è fermo. Non è una chiusura qualsiasi: pochi giorni prima, un terribile incidente aveva colpito un altro elevador della città, lasciando un’ombra di dolore tra i lisbonesi. Davanti ai binari silenziosi, ci fermiamo un attimo in più del previsto. Un pensiero va alle vittime e alle loro famiglie: il viaggio, a volte, ci mette di fronte a queste pause di realtà, ricordi che chiedono rispetto e silenzio.

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Riprendiamo poi il cammino e, complice la fame che si fa sentire, ci fermiamo a prendere al volo due empanadas. Giulio, però, non ha dubbi: con lo sguardo determinato dichiara che lui non si accontenterà finché non avrà assaggiato la “torta al cioccolato più buona del mondo” alla Landeau. Ed è lì che ci ritroviamo poco dopo, seduti con la forchetta in mano e il cuore in festa: ogni morso conferma che aveva ragione lui. Naturalmente, non abbiamo foto a testimonianza del momento: troppo presi a gustarla, tra occhi spalancati e sorrisi soddisfatti, ci siamo dimenticati del telefono. D’altronde, certe emozioni vanno assaporate sul serio, non solo immortalate in uno scatto.

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Dopo la pausa golosa alla Landeau, ci dirigiamo verso il tram 28E, simbolo di Lisbona e dei suoi quartieri storici, sebbene oggi molto turistico e infatti dovremo attendere due o tre passaggi per poter salirci sopra. Nonostante ciò devo ammettere che l'atmosfera è incredibile. Salire su quel vecchio tram giallo è come entrare in una cartolina animata: curve strette, salite e discese improvvise, lo sferragliare dei freni davvero inquietante e, dobbiamo ammetterlo, un po’ puzzoso mentre ci spingiamo lungo i vicoli. Ci lasciamo trasportare lentamente, godendo dell’aria tiepida mentre il tram sembra cullare ogni nostro pensiero, sospendendo il tempo tra memoria e meraviglia.

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La giornata volge al termine e, tornando verso la nave, ci fermiamo a contemplare la città illuminata dall’alto della nostra prospettiva sul porto. Le luci che si riflettono sul Tago ci regalano un quadro scintillante, perfetto per chiudere il racconto di oggi. Domani resteremo in zona, leggermente defilati, con un programma più leggero, pronti a continuare la nostra esplorazione con calma e curiosità.

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Interrompiamo per un attimo la narrazione delle tappe a terra per parlare della nave, a partire dal settore della ristorazione.
Il ristorante principale, Silhouette, si sviluppa su due ponti: il ponte 3 ospita i due turni fissi di cena, mentre il ponte 4 è riservato al turno libero, o My Choice Dining, che è quello che abbiamo scelto per la libertà di organizzare i nostri rientri dalle escursioni. Si può scegliere in fase di prenotazione la preferenza.

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Dopo qualche giorno di crociera, maître e camerieri ormai ci conoscono e chiamano per nome, indice di precisione e cura. La mia preferenza per cenare accanto all’oblò, con la vista sul mare, viene esaudita quando possibile, e talvolta ci comunicano con cortesia il tempo di attesa stimato per avere il "nostro" tavolo, chiedendo se va bene. Ceniamo così in un’atmosfera serena, potremmo dire “coccolati dal servizio”, tra chiacchiere e risate, mentre nostro figlio si gode il buffet o il kid’s club a seconda della serata. La nota negativa per me è solo l'aria condizionata che a volte è veramente eccessiva e mi costringe a coprire i meravigliosi abiti serali che mi sono portata in vacanza!

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Per quanto riguarda i piatti di origine italiana — pasta, risotti o qualche dolce come il tiramisù — ogni tanto venivamo interpellati per avere un riscontro, e nostro malgrado qualche volta abbiamo dovuto restituire i piatti dopo solo l'assaggio. Su questo aspetto non ci siamo. Abbiamo poi saputo che lo chef responsabile della cucina su Celebrity Equinox era tedesco, il che forse spiega certe differenze rispetto ai sapori a cui siamo abituati.
L’offerta gastronomica del ristorante è comunque varia e la carne è davvero eccellente.
Il buffet, che abbiamo utilizzato in prevalenza per il pranzo dato che il ristorante è aperto a pranzo solo nei giorni di navigazione e con orario ridotto, ha secondo noi un'offerta migliore e più diversificata ma anche qui non consigliamo di assaggiare i primi piatti. E' organizzato in stazioni e con orari di apertura molto ampi. Non abbiamo mai fatto coda, nemmeno in navigazione, e abbiamo sempre trovato un tavolo, sia all’interno sia all’esterno in scia nave, che è il mio posto preferito. Rispetto alla Reflection, lo spazio esterno mi è parso leggermente più contenuto, forse per l’allestimento differente, ma comunque molto piacevole per godersi il panorama e il vento di mare.

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Dopo la cena, se il tempo lo permette, ci concediamo una passeggiata sui ponti esterni, respirando il profumo del mare e godendo della calma della nave in navigazione. Altrimenti, ci spostiamo in uno dei vari bar per un drink e una chiacchierata tranquilla, assaporando il momento di relax. Durante la cena e nel dopo-cena, abbiamo fatto conoscenza di molti altri ospiti: per lo più americani, canadesi o inglesi. Non abbiamo incontrato altri italiani, e sinceramente non ci siamo preoccupati di chiedere se ce ne fossero a bordo.
Questo aspetto ha però una conseguenza: se non si parla abbastanza bene l’inglese, si può sentire una leggera esclusione, non tanto per le normali attività della nave o l’interazione con la crew, che è sempre molto disponibile, quanto perché verrebbe a mancare quella dimensione di convivialità con gli altri ospiti. Gli americani, in particolare, non perdono occasione di fare un complimento o una battuta, e perdersi questi momenti significherebbe non cogliere una parte del fascino del viaggio.


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Quando riprendiamo nostro figlio al kid’s club, chiudiamo la serata ritirandoci in cabina. Questo rito serale è per noi un piccolo tesoro: ci permette di rallentare il ritmo della giornata, di commentare le esperienze vissute, di programmare mentalmente i giorni successivi e di goderci quei momenti di intimità familiare in mezzo all’ampiezza e alla vita della nave. La routine della cena, tra libertà di orario, attenzione del personale e la vista del mare, diventa quasi un piccolo rituale di piacere e serenità, che ci accompagna lungo tutta la crociera.
 
Le serate Evening Chic coincidono con i giorni di navigazione. Come da regolamento, al ristorante non si può entrare con flip-flop o pantaloncini corti, jeans o cappellini sportivi. E vi assicuro che è necessario specificarlo! Giulio, con il suo sguardo curioso, nota una signora con un abito giallo a righe nere (o il contrario) e chiede ad alta voce se fosse la serata in maschera: secondo lui sembrava proprio un'ape gigante pronta a danzare tra i tavoli. Non ho foto a testimonianza, mi sarebbe piaciuto, ma mi sono trattenuta in nome dell’educazione. A onor del vero, insieme ai vari prendisole, si vedono tantissimi abiti eleganti stile cerimonia degli Oscar e uomini in smoking, un vero spettacolo per gli occhi. Questi momenti, tra eleganza, stravaganza e piccoli dettagli della vita a bordo, sono parte integrante della magia della crociera.

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Durante le serate, chi desidera può anche scegliere di recarsi a teatro, dove ci sono ogni sera due repliche di musical, cabaret o comici, oppure assistere a uno spettacolo di magia. La discoteca propone serate musicali, silent disco, temi Abba o anni ’80, mentre in piscina si organizzano feste e intrattenimenti vari. Ogni giorno ci sono state due o tre proiezioni cinematografiche in una saletta davvero molto bella, peccato ci si dovesse portar dietro una copertina.
Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti, anche se noi preferiamo osservare e partecipare solo a piccole dosi.

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Al termine della serata, rientriamo in cabina. Dopo la passeggiata impegnativa di oggi, abbiamo deciso di concederci un po’ di relax sul mare… o meglio, sull’oceano! 🌊 Non svelo la località, ma vi lancio una sfida: chi indovina dove?

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15 settembre – Cascais

La giornata inizia con calma. Dopo la colazione ci avviamo verso la stazione marittima, dove prendiamo un taxi (7 €) che ci accompagna alla stazione di Cais do Sodré. Da lì, in circa 45 minuti di treno, raggiungiamo Cascais: biglietti andata e ritorno per 2 adulti e un bambino, 14,80 €.
Con la compagnia di crociera lo stesso trasferimento ci sarebbe costato circa 40 € a persona, senza guida e con orari imposti. È anche per questo che preferiamo organizzarci in autonomia. Inoltre, senza polemizzare, purtroppo abbiamo visto spesso ospiti poco rispettosi, incapaci di rispettare gli orari e quindi causando disagio agli altri. Durante tutta la crociera questo atteggiamento ha causato ritardi quasi a ogni partenza: il famoso “tutti a bordo” che diventava “tutti, tranne qualcuno”.

Il viaggio in treno ha già il sapore della vacanza. Guardando dal finestrino vediamo tantissime persone lungo il litorale: chi corre, chi cammina, chi va in bicicletta o passeggia con il cane. Persone di tutte le età, con lo sguardo sereno di chi ha fatto dell’aria aperta una parte naturale della propria vita quotidiana. E inevitabilmente pensiamo al nostro gatto, lasciato a casa: chissà se ci starà aspettando sornione, disteso sul divano. La scena, con l’oceano che scorre accanto ai binari, ci ricorda la nostra cittadina di mare. Cascais, in fondo, ha quell’atmosfera che sa di villeggiatura continua, e per questo ci sentiamo subito un po’ a casa.

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Arrivati a Cascais, non ci lasciamo prendere dalla smania di correre. Giulio, stanco dalla giornata precedente, continua a chiedere se può fare un bagno. Passeggiamo tra piazze e stradine, soffermandoci più per gusto che per dovere. Il momento più scenografico lo viviamo davanti alla Boca do Inferno. L’oceano si infrange con forza dentro la cavità della scogliera, ruggendo e spruzzando acqua salata. È uno spettacolo che ti ricorda quanto l’Atlantico sappia essere potente, e allo stesso tempo quanto sia magnetico lasciarsi catturare dal suo ritmo. Giulio lo osserva incantato: gli sembra quasi un portale magico, un varco che conduce a un mondo parallelo.

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Ci lasciamo attrarre dai colori del centro: azulejos che sbucano improvvisi tra una facciata e l’altra, piccole piazzette, stradine lastricate che sembrano fatte apposta per perdersi. Giulio si anima quando scopre il negozio di maglie da calcio: per noi che non seguamo il calcio sono solo colori, ma lui resta incantato dal manichino gigante di Ronaldo. Vuole una foto, poi comincia a chiedere di comprare tutto il negozio. Alla fine, un po’ per gioco e un po’ per regalargli un ricordo, cediamo a una maglia della nazionale portoghese. La sua felicità è contagiosa, e anche questo fa parte della vacanza: concedersi qualche strappo alle regole.

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A metà mattina ci sediamo in una caffetteria, senza pensare a “vedere qualcosa”, solo per assaporare il tempo. Giulio sceglie le pastéis de bacalhau, crocchette di baccalà dorate e fumanti, e sostiene che siano la cosa più buona assaggiata finora (ma lo dice quasi ogni giorno). Io e mio marito sorridiamo, beviamo un caffè e ci godiamo la scena: lui che addenta con gusto, noi che ci scambiamo sguardi di complicità, il vento che entra dalla porta aperta e porta con sé l’odore del mare.

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Passeggiamo poi fino al lungomare, ci fermiamo a guardare le barche ormeggiate e il faro di Santa Marta. Non ci preoccupiamo troppo di entrare ovunque: oggi la vera scoperta è la lentezza. Il tempo trascorso sulla spiaggia della Praia da Rainha diventa così il centro della giornata: Giulio che finalmente può giocare con la sabbia e l’acqua, noi che ci rilassiamo semplicemente osservandolo, con quella brezza leggera che sembra volerci ricordare che siamo lì per staccare, non per spuntare attrazioni da una lista.

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Il ritorno in treno è tranquillo, quasi silenzioso. Le immagini della giornata scorrono nella mente più delle foto scattate: i sorrisi, la luce dorata sull’oceano, il sapore salato sulla pelle. Tornando verso la nave, penso che Cascais sia stata soprattutto questo: una parentesi di serenità, di vacanza nel senso più vero.
 
Cascais ci è piaciuta davvero molto. Ha quell’aria da località di vacanza un po’ chic, quasi in stile Saint-Tropez, ma allo stesso tempo è rilassata, senza quell’eccesso di ostentazione che spesso rovina certi luoghi. Ci riflettiamo insieme, io e mio marito, al buffet della nave, davanti a un piatto leggero dopo una giornata intensa. Non so se capita anche a voi, ma quando siamo in crociera finiamo spesso per parlare… di altre crociere. L’idea dei fiordi o dell’Islanda ci incuriosisce tanto, perché non siamo mai stati in quelle zone, e ci piacerebbe ampliare la rosa degli itinerari.

Eppure, ogni volta che navighiamo il Mediterraneo, sentiamo di essere a casa. C’è una connessione profonda con questi territori, difficile da spiegare: sarà l’architettura, la luce particolare che cambia con le ore del giorno, oppure semplicemente il modo diretto e spontaneo di rapportarsi delle persone. Ci basta un sorriso, due parole scambiate per strada o anche solo un “bom dia” per sentirci subito parte del luogo.

Forse è il mare a legare tutto: un filo azzurro che unisce città diverse e storie lontane, e che ci fa sentire ogni volta che salpiamo come se stessimo tornando, più che partendo.

Ma basta con le divagazioni: torno al mio diario.
 
16 settembre – Porto

“Sento la città respirare sotto di me, e ogni pietra racconta una storia di uomini e di tempo.” – Fernando Pessoa, Libro dell’inquietudine

La sveglia suona presto, la nave è già ferma a Leixões e mentre cammino sul ponte in attesa dell’alba ho in mente tutto il programma della giornata. Ho pianificato con cura questo scalo, immaginando di camminare tra i vicoli di Porto, di restare incantati davanti agli azulejos che la ricoprono come un mosaico, di attraversare insieme il ponte Luís I e scattare quelle foto che diventano ricordi. Ma quando vado a svegliare Giulio, la sua risposta è netta: non vuole scendere.
Ha dieci anni, e chi è genitore forse lo capirà: c’è sempre un momento in cui i figli iniziano a voler decidere in autonomia, a non accettare più i nostri piani come scontati. Da piccolo era più semplice: bastava metterlo a cavalcioni sulle spalle e portarlo con noi, ed era partecipe, curioso, sempre pronto a scoprire, e sorridente. Ora è diverso. Ci sono gli amici conosciuti in nave, i giochi al kid’s club, la promessa di una giornata spensierata senza dover correre dietro a noi. E io, che da mesi avevo immaginato questo itinerario con l’idea di condividere ogni tappa con lui, resto con un sottofondo di dispiacere.

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Non è facile accettarlo: quando preparo il programma di viaggio penso sempre anche a lui, inserisco soste che possano incuriosirlo, parlo delle città prima di partire, cerco di alimentare la sua curiosità. Eppure, ci sono giorni in cui tutto questo non basta. Oggi lui sceglie la nave, e io scelgo di rispettare la sua decisione. Forzarlo non avrebbe senso, rischierei di trasformare quella che per noi è una scoperta in una fatica per lui, ed anche per noi.
Così scendiamo noi due adulti, con uno zaino leggero e la voglia di esplorare. Giulio resta a bordo, tra giochi, amici e attività: dopotutto, anche questo fa parte della ricchezza di una crociera, dell’incontro con culture diverse, dell’indipendenza che piano piano conquista. Ma dentro di me porto la consapevolezza che certe esperienze le avrei volute vivere insieme a lui.
Le vacanze in famiglia non sono solo una successione di tappe da spuntare, ma anche piccoli esercizi di pazienza e di accettazione. Mi concedo un sorriso: dopotutto, anche restare a bordo è una scelta di felicità, e il nostro viaggio resta ricco di esperienze, sia sulla terraferma sia sul mare. Ed io e mio marito possiamo giocare a fare i fidanzatini!

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Arrivati alla stazione marittima di Leixões, ci aspetta la seconda sorpresa della giornata (perché desidero restare positiva e non voglio chiamarli “intoppi”): una folla di crocieristi in attesa, ma… nessun taxi in vista. Per fortuna, anche grazie alle mie letture e ricerche qui sul forum, avevamo un piano B ben collaudato: raggiungere Porto in autonomia. A piedi dalla stazione marittima ci dirigiamo verso la fermata della metropolitana più vicina, Matosinhos Sul (Linea A, blu) che raggiungiamo in una decina di minuti. Da qui il centro città è raggiungibile in circa 30 minuti.Noi siamo scesi alla fermata Bolhão che è molto comoda per iniziare la nostra passeggiata. I biglietti costano 2.25 a persona a tratta.

Appena usciti dalla fermata della metro in centro, restiamo immediatamente meravigliati: davanti a noi si erge la Cappella delle Anime (Capela das Almas). La facciata è interamente rivestita di azulejos blu e bianchi, decorata con scene che raccontano la vita dei santi e il cammino delle anime. La precisione dei dettagli, la luminosità dei colori e la complessità delle figure ci lasciano senza fiato: per un istante, il rumore della città sembra sparire e ci sentiamo immersi in un’opera d’arte viva, come se ogni piastrella raccontasse una storia da ascoltare.

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Ci fermiamo qualche minuto, quasi ipnotizzati, ad osservare i dettagli, a scattare fotografie e a scambiare commenti sussurrati, come se avessimo timore di disturbare la maestosità del luogo. È un inizio di giornata che sorprende e affascina, un vero colpo d’occhio, e ci dà subito l’idea della ricchezza artistica e storica di Porto.
Dopo esserci fermati ad ammirare la Cappella delle Anime, ci dirigiamo verso la Rua de Santa Catarina, una delle vie pedonali più belle di Porto. Passeggiare qui è un piacere: palazzi decorati, piccoli negozi e caffetterie invitanti si alternano lungo la strada, e ci fermiamo spesso a osservare le vetrine. L’atmosfera è rilassata, nonostante il movimento della città, e ci sorprende come sia possibile percepire allo stesso tempo la vitalità e la calma di Porto.

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Non lontano, incontriamo la Chiesa di Santo Ildefonso, con i suoi circa 11.000 azulejos che raccontano la vita dei santi. La facciata è un mosaico di colori e storie, e il dettaglio dei decori lascia sempre a bocca aperta. Ci soffermiamo a osservare ogni pannello, cercando di cogliere le sfumature di ogni figura, e ci rendiamo conto di quanto questi dettagli contribuiscano a dare un’identità unica alla città.

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Proseguendo, raggiungiamo l’Atrio della Stazione ferroviaria, un vero capolavoro: più di 20.000 azulejos raffigurano scene storiche del Portogallo, dalle battaglie medievali alla vita rurale quotidiana. Non sorprende che sia uno dei luoghi più fotografati della città: anche noi restiamo incantati, scattando qualche foto che si rivela essere un’impresa non facile considerando la quantità di persone presenti, e cercando di imprimere nella memoria ogni dettaglio.

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La Cattedrale di Porto ci accoglie con la sua maestosità romanica. Purtroppo la coda per entrare è chilometrica e rimandiamo al visita ad una prossima volta. Comunque anche solo dalla terrazza antistante il panorama sulla città e sul fiume Douro è mozzafiato.

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Scendendo verso il quartiere Ribeira, ci immergiamo nel cuore storico di Porto: le case colorate, i ristorantini sul lungofiume e le chiacchiere dei passanti creano un’atmosfera vivace e autentica. Dal quartiere Ribeira, il ponte Luis I si staglia maestoso sul fiume Douro. La sua struttura in ferro, elegante e slanciata, unisce Porto a Vila Nova de Gaia con una linea armoniosa che sembra disegnata apposta per accompagnare lo sguardo. Anche senza percorrerlo, si apprezza la sua imponenza e la perfezione ingegneristica: il doppio livello e l’architettura a campata unica creano un gioco di linee e prospettive che cattura immediatamente l’attenzione. Dall’altra sponda, le case colorate sembrano piccoli giocattoli, e la luce del pomeriggio che riflette sull’acqua rende tutto incredibilmente pittoresco.

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Il sole della tarda mattinata si fa davvero intenso. La luce accecante riflette sulle facciate delle case colorate e sull’acqua del Douro, e l’aria calda ci avvolge come un abbraccio impietoso. Ogni passo verso il Palazzo della Borsa diventa una piccola impresa: le camminate lungo le stradine acciottolate e le salite leggere sembrano moltiplicare il caldo, e in poco tempo ci sentiamo sudati e affaticati. Nonostante tutto, il percorso è incredibilmente suggestivo: i palazzi decorati, le vetrine dei negozi e il brusio della città creano un ritmo vivace che ci accompagna, quasi a distrarci dalla fatica.
 
Il Palazzo della Borsa è elegante e imponente e ci sarebbe piaciuto visitarlo ma sappiamo che è possibile solo con visita guidata ed in piccoli gruppi. Vediamo dal cartellone delle prenotazioni che tutte le visite disponibili fino al pomeriggio inoltrato sono già piene quindi tenetelo presente nel caso voleste visitarlo. Nel nostro caso aspettare la visita del pomeriggio tardi non ci sembra fattibile sia per l’orario del tutti a bordo, sia perché desideriamo rientrare non troppo tardi. Come spesso accade di fronte a una piccola delusione, troviamo subito la soluzione migliore: il buon cibo. Così, decisi a superare la frustrazione con un sorriso e un pasto piacevole, ci dirigiamo verso un pranzo ben meritato.

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Entriamo in una piccola tavola calda, quasi un corridoio con i tavoli tutti allineati sui due lati, che ci aveva incuriosito perché vedevamo entrare molti impiegati in pausa pranzo. Appena varchiamo la soglia, il cameriere ci accoglie con un sorriso caloroso e un gesto della mano che invita a sedersi. Non parla inglese e noi non parliamo portoghese, ma la sua cordialità è evidente: ci indica un tavolo con un gesto ampio e un occhiolino, mentre noi rispondiamo con un sorriso e un “grazie!”.

Ordiniamo la "sopa de abobora" cercando di pronunciarne il nome come meglio possiamo, e un paio di piatti semplici da condividere. Il cameriere annuisce vigorosamente, battendo le mani leggermente come a dire “ottima scelta!”. Mentre aspettiamo, ci porta dell’acqua e indica con un gesto che possiamo servirci liberamente dal cestino di pane. Quando la zuppa arriva, il suo colore arancione acceso sembra riscaldare non solo lo stomaco ma anche l’atmosfera. Assaggiamo e sorridiamo mentre il cameriere osserva soddisfatto, annuendo e indicando i clienti abituali con un gesto che sembra dire: “anche voi siete uno di noi adesso”. Non servono parole per capire che, anche senza una lingua comune, il cibo e la gentilezza creano un ponte tra persone. Ci scambiamo sguardi compiaciuti: un pranzo semplice può diventare un piccolo momento di connessione e di gioia condivisa.

Ristorati dalla zuppa, percorriamo la Rua das Flores, con i suoi palazzi decorati, i murales, e le botteghe interessanti come Claus Porto, un marchio portoghese di lusso fondato nel 1887, noto per la produzione artigianale di saponi, profumi, candele. Acquisto alcune saponette profumate incartate in una fantasia in stile Art Deco ed una candela al profumo di Brezza marina, che ho intenzione di accendere durante le piovose serate autunnali per ricordare questo viaggio.

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Ci dirigiamo verso la Libreria Lello. Avevo prenotato il biglietto da casa, quindi l’ingresso non doveva riservare sorprese. Eppure, arrivati lì, ci attende una lunga coda sotto il sole, con gruppi che avanzano lentamente nonostante l’orario prenotato. La libreria prevede infatti tre categorie di ingresso: chi ha pagato di più ha accesso a file prioritarie, mentre noi dobbiamo pazientare nella fila normale.Una volta entrati, la sensazione non migliora. Troppa gente ammassata, gruppi enormi fatti entrare insieme: la bellezza delle scale neogotiche e delle vetrate colorate si perde nella confusione e nel continuo movimento delle persone. Per di più, c’era una fila interna per scattare una foto sulla celebre scala, così lunga e caotica che io ero talmente nervosa da non fare nemmeno uno scatto.

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La magia promessa sembra soffocata dall’organizzazione pensata più per il profitto che per la possibilità di godersi il luogo. Strano a dirsi, non ho trovato neppure un libro da comprare: tutto sembrava pensato più per foto ricordo che per l’esperienza di lettura o di esplorazione. Alla fine, pur consapevoli della fama della libreria, usciamo delusi. L’idea di un’esperienza intima e affascinante viene completamente annullata, trasformando la visita in un caos da turista.

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Siamo passati accanto alla Chiesa del Carmo famosa per la sua facciata esterna interamente decorata da azulejos per poi dirigerci al Mercado do Bolao, un edificio ordinato, con bancarelle di frutta, verdura, pesce, carne e prodotti tipici portoghesi. Abbiamo preso qualche ricordo gastronomico da portare a casa: una bottiglia di Porto, confezioni di biscotti tipici portoghesi, un po’ di caffè locale Delta.

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Porto ci ha lasciato un’impressione vivida, fatta di contrasti e sfumature. È una città davvero splendida, autentica, con un’anima vintage che si respira in ogni via, tra le facciate decorate di azulejos e le botteghe che sembrano appartenere a un’altra epoca. La sua architettura, così unica e riconoscibile, racconta una storia di bellezza e tradizione: qui gli azulejos non sono semplici decorazioni, ma parte dell’identità visiva e culturale della città, un linguaggio silenzioso che parla a chi sa osservare.

Ma Porto è anche una città affollata, travolta dal turismo. I troppi visitatori, le code e la difficoltà di spostarsi — nessun taxi in porto, la necessità di prendere la metropolitana da Leixões e il tempo che scorre veloce tra una visita e l’altra — ci hanno fatto capire che un giorno solo non basta. Porto meriterebbe lentezza e dedizione, più giorni per lasciarsi attraversare, per perdersi tra i suoi quartieri, per assaporare con calma i suoi sapori e le sue atmosfere. E forse, un giorno, torneremo. Perché ci è piaciuta, con i suoi pregi e le sue imperfezioni, e sentiamo di non averla ancora davvero conosciuta.
 
17 settembre – navigazione

“O céu é azul. Mas o azul é profundo como a tristeza e como a esperança.”
“Il cielo è blu. Ma il blu è profondo come la tristezza e come la speranza.”
Fernando Pessoa, Il Libro dell’inquietudine

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Seduta sul ponte, circondata dal blu infinito del mare e dal cielo terso, mi rendo conto di quanto questo colore domini le giornate di crociera. Il cellulare è pieno di foto: onde, orizzonti, riflessi del sole… tutto blu. Giulio, sdraiato su una sdraio con il gelato in mano, commenta: “Mamma, guarda che blu pazzesco! È come se il mare non finisse mai.” Mio marito annuisce, infilando il naso tra le pagine del suo libro, e io sorrido pensando che questo blu sembra mettere in pausa il mondo intero, almeno per noi. Quel blu, così calmo e vasto, sembra davvero contenere un po’ di tutto: la malinconia, la speranza, il senso di libertà… e anche il piacere di stare insieme senza fretta.
Tra un selfie con il vento tra i capelli e una risata per Giulio che quasi fa cadere il gelato, mi sento davvero in vacanza: lenta, rilassata, e capace di assaporare anche i dettagli più piccoli. Qui, circondata dal blu, il tempo sembra davvero nostro, tutto nostro.

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Le giornate di navigazione hanno per me un valore profondo. Non sono semplici “pause” tra una tappa e l’altra, ma spazi sospesi in cui il viaggio trova il suo ritmo interiore. In passato ho fatto crociere senza giornate in mare e ne ho sentito la mancanza: tutto diventa più frenetico, più incalzante, come se non ci fosse mai tempo di fermarsi a respirare. Invece è proprio nel lento scorrere delle onde, nel dondolio regolare della nave, che ritrovo il senso del viaggiare: riflettere, osservare, lasciare sedimentare le emozioni dei giorni precedenti e prepararsi a quelle nuove.
Questa mattina mi sono svegliata molto presto e fuori è ancora buio, ma senza la fretta di una meta. Mi concedo il lusso raro di non avere piani precisi: guardare il mare basta, e riempie tutto. Rivedo nella mente i colori di Lisbona, la luce di Cascais, le ceramiche di Porto… e mi accorgo che solo ora, con il tempo disteso della navigazione, riesco davvero ad assimilarli.

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In famiglia abbiamo una regola: nelle giornate di navigazione ognuno può fare ciò che più desidera. Questi momenti di tempo libero hanno un valore speciale: permettono di rilassarsi, riflettere, godersi la nave e pianificare la prossima tappa.

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Io decido di partecipare ad alcune attività della nave. In programma c’è una lezione di danza/fitness: ammetto che sono decisamente scoordinata, ma dopo tutti i pasteis assaggiati in Portogallo, ne sento davvero il bisogno! Alle 10:30 poi ho intenzione di seguire una conferenza sul porto di Tangeri che mi ricorda quelle seguite durante le crociere con Costa Crociere, negli itinerari lunghi. La possibilità di approfondire la storia e la cultura dei luoghi direttamente dalla nave arricchisce l'esperienza di viaggio. Anche se a causa del mio inglese non perfetto non sono riuscita a cogliere ogni dettaglio, la conferenza mi è comunque sembrata interessante.

La giornata è passata tranquilla e serena, tra qualche attività della nave e momenti di puro relax. Adesso vi mostro alcune foto della nave… solo ora mi accorgo che non ne ho messa neppure una della cabina, del bagno o del balcone! Eravamo in una cabina a centro nave, ponte 9, assegnataci dalla compagnia grazie a un’offerta prenotata più di un anno fa. Mi rendo conto che, talvolta, nel mio essere un po’ prolissa mi dimentico di inserire informazioni essenziali, pratiche e utili. Perciò colgo l’occasione per dire che sono felice di rispondere a qualsiasi domanda su Equinox o altri dettagli pratici della crociera!

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Ci sono due piscine all’aperto e una al chiuso (vietata ai minori di 16 anni) e poi due idromassaggi all’aperto e due al chiuso. I bambini devono essere sempre supervisionati in quelle all’aperto, e ovviamente non sono permessi tuffi. Giulio ricorda la scena di Mamma ho perso l’aereo, quando il protagonista chiede a tutti se hanno nulla in contrario prima di fare un tuffo a bomba leggendario: “Mamma, vorrei fare lo stesso!” mi dice, ma il suo sguardo incontra il mio e capisce che sarebbe una pessima idea.

A disposizione dei bagnanti ci sono teli per prendere il sole: si prendono, si utilizzano e si ripongono nei cestini. Purtroppo anche qui esiste la maleducata abitudine di accaparrarsi i lettini con i teli, ma dopo circa 30 minuti l’addetto passa a rimuovere tutto, effetti personali compresi, che si possono poi ritirare in reception. Un’altra abitudine che trovo maleducata è conversare in piscina con drink in mano: tecnicamente vietato, ma soprattutto molto diffuso tra gli americani, sempre con una bibita o un cocktail. Impossibile trovarne uno senza: sembrano vivere in modalità “sorseggiare sempre e ovunque”!

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Controparte della mia golosità. Dopo giorni di pasteis de nata e assaggi vari ho apprezzato la possibilità di fare un po’ di movimento. Risultato? Pronta a tornare al buffet senza troppi sensi di colpa! Avere questa possibilità anche in vacanza è senza dubbio un plus. La palestra è ampia e organizzata, con ambienti appartati dove si possono fare esercizi a corpo libero e persino un terrazzino a prua della nave all’aperto: se non c’è troppo vento, è davvero bellissimo allenarsi godendosi il mare. Ci sono corsi di gruppo sia a pagamento che gratuiti a partire dalle 7 di mattina.

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