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Il mare che inquieta, il mare che chiama. Diario di una crociera tra Mediterraneo e Atlantico a bordo di Celebrity Equinox 11 – 20 settembre 2025

Stato
Discussione chiusa ad ulteriori risposte.
Quella sera, dopo cena, durante la passeggiata sul ponte esterno, il vento cambia. È più caldo, più morbido, come se portasse con sé un presagio. Dal balcone della cabina lo sentiamo entrare deciso, e capiamo che siamo ormai vicini alla costa africana.
Il mare è più scuro, ma anche più quieto, e nell’aria si avverte un profumo diverso, un sentore che non so descrivere ma che parla di luoghi lontani.
Poco più tardi, mentre il cielo si tinge di blu profondo, attraversiamo lo Stretto di Gibilterra: una soglia sottile tra due continenti, tra l’oceano e il Mediterraneo.
Resto qualche minuto affacciata a osservare le luci che brillano lontane sulla costa e a pensare che domani ci attende un mondo nuovo, con colori, voci e profumi diversi.
Tangeri ci aspetta, e con lei un’altra pagina da scrivere nel nostro viaggio.

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18 settembre – Tangeri

“Ogni nuovo giorno è una pagina bianca: scrivila con un sorriso.”
Proverbio arabo

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Il mattino ci accoglie con una luce diversa, più calda, quasi dorata. Dal ponte di poppa osservo la nave che lentamente si avvicina al porto di Tangeri: l’equipaggio è già al lavoro, le cime vengono preparate, i portuali a terra attendono. Sento il ritmo familiare dell’attracco, ma oggi c’è qualcosa di nuovo nell’aria, un’energia lieve, come un invito alla calma.
Mentre guardo la scena, un piccolo movimento cattura la mia attenzione: tra i piedi dei portuali si muove un’ombra nera, minuscola.
All’inizio non capisco cosa sia, poi sollevo il telefono, ingrandisco l’immagine e sorrido: è un gattino, un gattino nero che gioca con i fili blu, quelli sottili che anticipano l’arrivo delle grandi funi d’ormeggio.
Salta, rincorre un lembo di corda, viene spostato una, due, tre volte, ma torna sempre al suo gioco, instancabile e felice. I portuali ridono, indulgenti, e per un istante la scena si trasforma in una piccola danza tra lavoro e leggerezza.
Da lassù, mi ritrovo a sorridere anch’io: è un inizio dolce, imprevisto, e penso che forse non poteva esserci augurio migliore per la giornata.
Ogni viaggio ha i suoi presagi, e questo — un gattino che gioca al porto, mentre il sole sale e la nave si ferma — mi sembra il più bello: una pagina bianca che inizia con un sorriso.

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Scendiamo dalla nave con l’escursione organizzata dalla compagnia. Prima di iniziare la passeggiata a piedi, saliamo su un piccolo bus che ci porta in un breve tour panoramico. Attraversiamo la parte più moderna della città: il porto appare ordinato e funzionale, con yacht eleganti da un lato e pescherecci colorati dall’altro. Tra i palazzi ristrutturati e altre costruzioni lasciate andare al loro destino, emerge il contrasto tipico dei paesi del Nord Africa in rapido sviluppo: modernità e trascuratezza convivono fianco a fianco.
Notiamo la piazza chiamata Gran Socco e un quartiere più moderno, con boulevard larghi e edifici che cercano di imitare un fascino europeo. Molti degli altri crocieristi sembrano smarriti, forse non abituati a questi contrasti. Il disagio nei loro sguardi e gesti ci colpisce: è come se dovessero trovare il “comfort” del loro viaggio, ma qui tutto è autentico, vivo e un po’ imprevedibile.

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Scendiamo dal bus e finalmente inizia la passeggiata nella Kasbah e nella medina. La kasbah, con le sue mura bianche e merlate, le bouganville in fiore e le porte scolpite, ci accoglie in un’atmosfera di calma e luce intensa. La medina, più modesta rispetto a Marrakech o Fès, ha comunque un fascino particolare: stradine strette, bancarelle di spezie, tessuti colorati e profumi di pane e tè alla menta che si mescolano ad altri decisamente meno piacevoli.
È una medina “tipica” del Nord Africa, meno appariscente, ma con dettagli che catturano l’attenzione ad ogni passo.

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La nostra guida, Nuri, una bellissima signora di Casablanca, è professionale, esaustiva e simpatica. Ci racconta molto del suo paese, della storia e delle tradizioni, spiegando le usanze locali e i cambiamenti recenti della città. La maggior parte degli altri crocieristi non era mai stata in Marocco, e si percepisce un certo disagio tra loro: qualcuno cammina avanti e indietro, altri si fermano confusi davanti a un vicolo o una porta decorata, come se Tangeri richiedesse un passo più lento e attento per essere compresa.

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Arrivati al Petit Socco, ci fermiamo a respirare l’atmosfera di questa piazzetta stretta e affollata. Oggi sembra tranquilla, quasi ordinaria, con i caffè, i tavolini e qualche turista che sorseggia tè alla menta. Ma Nuri ci racconta che non è sempre stato così: durante gli anni della Tangeri internazionale, la piazza era al centro di una vita molto più oscura e vivace.
Qui, ci spiega la guida, William Burroughs poteva sedersi a scrivere senza essere disturbato, mentre attorno a lui ragazzi e uomini offrivano “opportunità poco lecite” a chi passava. Bordelli improvvisati, piccoli trafficanti e locali degradati creavano un mosaico di caos controllato, una realtà che sembrava uscita da un romanzo noir. Gli edifici che oggi appaiono restaurati o funzionali erano allora malandati, le strade polverose e le vie strette echeggiavano di segreti sussurrati.

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Camminando tra i vicoli, riesco quasi a immaginare le figure che Nuri descrive: mercanti ambigui, intellettuali e artisti in cerca di libertà, adolescenti che sparivano tra porte socchiuse. La piazza aveva un fascino oscuro, un magnetismo per chi cercava esperienze fuori dall’ordinario, dove il confine tra legalità e trasgressione era sottile e mutevole.
Oggi invece, anche se qualche bancarella e qualche negozietto mantiene un po’ di quell’anima vivace, il Petit Socco appare più ordinato e sicuro, quasi pulito rispetto al passato. La memoria di quel tempo sordido resta nei racconti e negli edifici, negli angoli in ombra che ancora ricordano gli echi della Tangeri ribelle. È un piccolo brivido, un assaggio di storia che si mescola con il presente, e mi fa riflettere su quanto Tangeri sia sempre stata un luogo di contrasti, capace di trasformare il sordido in leggenda, e la trasgressione in memoria culturale.

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Mentre ascoltiamo, due collaboratori dell’agenzia turistica ci accompagnano a qualche passo di distanza: tengono una sorta di barriera discreta tra noi e i venditori più assillanti. Eppure, nonostante la loro attenzione, qualcuno riesce a superare la “cortina” e propone la merce con voce insistente. Braccialetti, tessuti e piccoli souvenir vengono agitati davanti ai nostri occhi, e alcuni turisti americani, incuranti delle spiegazioni di Nuri, iniziano a contrattare animatamente, ridendo e scegliendo i pezzi migliori. Banconote di valore molto superiore a quello reale della merce passano di mano. È un piccolo spettacolo nello spettacolo.
 
Lasciato Petit Socco alle spalle, iniziamo a salire verso la kasbah, varcando la prima porta di accesso e entrando tra i vicoli bianchi e stretti. La kasbah non ha l’opulenza di altre città marocchine, ma possiede un fascino più discreto, quasi nascosto: ogni arco, ogni porta scolpita racconta di un passato di potere e protezione, mentre i tetti piatti e le torri merlate richiamano la storia portoghese e marocchina della città.

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La guida, Nuri, cammina con passo sicuro tra le viuzze, spiegandoci la storia dei palazzi, dei sultani e delle famiglie nobili che un tempo abitavano qui. La sua voce è chiara e vivace, piena di entusiasmo, e riesce a catturare l’attenzione di tutti. Ogni tanto si ferma, indica un dettaglio architettonico o racconta un aneddoto sulla vita quotidiana, e noi ascoltiamo affascinati. Proseguendo lungo le vie tranquille si ferma davanti a un elegante edificio dal colore chiaro, con un portone decorato e un piccolo giardino interno visibile dal cancello. Con un sorriso malizioso ci racconta che quella era la villa di Barbara Hutton, la celebre ereditiera americana dei magazzini Woolworth, una delle donne più ricche del mondo nella prima metà del Novecento.
“Qui a Tangeri,” dice Nuri, “tutti ricordano Barbara come una donna eccentrica e generosa, ma anche molto sola. Si sposò sette volte, persino con l’attore Cary Grant. Ogni matrimonio era un nuovo inizio, ma nessuno riuscì a darle davvero la felicità.”
Ci fermiamo ad ascoltare, immaginando la vita di quella donna tra feste, ricevimenti e tramonti sul mare, in una città che all’epoca era rifugio di artisti, aristocratici e spiriti liberi. La casa oggi appare silenziosa, ma sembra ancora portare con sé un’aura di mondanità e malinconia.

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Camminando tra i vicoli della kasbah, ci imbattiamo in una piccola squadra di muratori che sta riparando la facciata di una casa. L’edificio è antico, con le pareti bianche e le finestre azzurre, ma il cantiere è tutt’altro che moderno: uno degli operai è in equilibrio su un trabattello improvvisato, costruito con due assi di legno legate assieme. Mio marito scoppia a ridere e mi sussurra: “Questa la devo mandare ai ragazzi in ufficio, si fanno due risate.” Scatta una foto al volo, divertito da quella scena che racconta, meglio di tante parole, la differenza di standard e la creatività pratica di chi qui si arrangia con ciò che ha.

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Nuri, la nostra guida, si volta e sorride: “In Marocco funziona così,” ci dice con un’alzata di spalle. E noi ridiamo con lei, consapevoli che anche queste piccole immagini quotidiane fanno parte del fascino e della verità dei luoghi che visitiamo.
Mentre camminiamo, Nuri ci spiega che molte case e palazzi sono stati restaurati, ma accanto a queste emergono edifici trascurati, testimoni del rapido sviluppo della città e delle contraddizioni tipiche di paesi in crescita. La combinazione di restauro e degrado crea un effetto di contrasto che è, in un certo senso, parte del fascino della Tangeri contemporanea.

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Ci concediamo una pausa in uno dei caffè storici della medina, sorseggiando un dolcissimo e bollente tè alla menta e pasticcini secchi su una terrazza piena di piante. Osservando la piazza sottostante vediamo bambini che corrono, venditori di spezie e tessuti, abitanti che camminano con calma tra le strade ed altri seduti a fumare.

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Mentre ci avviciniamo a una piccola bancarella di souvenir, decido di acquistare una cartolina per ricordare la giornata. Giulio, invece, viene attratto da un falco pellegrino appoggiato su un bastone, usato dal venditore per qualche foto con i turisti. Il rapace è imponente e ha lo sguardo acuto che segue ogni movimento. Io indietreggio di qualche passo, un po’ terrorizzata, e il venditore ride: “Non aver paura, signora, non mangia nessuno!” aggiungendo con un gesto teatrale che il falco è addestrato.
Giulio si avvicina con curiosità e chiede: “Ma qui lo tenete come animale da compagnia?”Io cerco di tradurre ma il venditore ha capito perché scoppia a ridere e, guardandoci, risponde: “Ah no, piccolo! È un lavoratore. Lavora per guadagnarsi il pane… e qualche dirham dai turisti curiosi come voi!”
Giulio scuote la testa mentre io compro la mia cartolina e osservo il falco, ancora un po’ intimorita, ma divertita da questo piccolo siparietto che sembra nato apposta per il ricordo della nostra breve visita a Tangeri.

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Mentre ci incamminiamo lungo una delle stradine in discesa della kasbah, un gattino bianco sbuca da un angolo e si mette a seguire mio marito. Cammina deciso dietro di lui, si ferma quando noi ci fermiamo, poi riprende il passo come se facesse parte del gruppo. Ridiamo, perché sembra davvero intenzionato ad accompagnarci per tutta la passeggiata. Ogni tanto miagola piano, poi si accovaccia tranquillo vicino ai suoi piedi, e sembra piccolissimo, quando ci fermiamo per qualche foto. Rimane con noi per un tratto, poi scompare all’improvviso tra i vicoli assolati, lasciandoci un piccolo senso di nostalgia, come un commiato gentile.

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Riprendiamo la strada verso il porto con un misto di curiosità e leggerezza: Tangeri ci ha accolti con i suoi contrasti, la sua storia e la sua vitalità. È una città in bilico tra passato e futuro, dove la memoria dei tempi ribelli convive con la voglia di modernità. E come il piccolo gatto che ci ha seguiti, ci lascia addosso la sensazione di un incontro inatteso, semplice ma capace di restare nella memoria.

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19 e 20 settembre – rotta verso casa

Oggi l’aria ha un sapore diverso: quello dei viaggi che stanno per finire. Dopo giorni intensi di scoperte, profumi, incontri, ci ritroviamo a bordo con la mente piena di immagini e sensazioni. È sempre così: quando la rotta punta verso casa, le emozioni si fanno più morbide. Si ripensa ai luoghi visti, ai sorrisi scambiati, a tutto quello che resterà e anche a quello che non si è fatto in tempo a fare. Forse è proprio questo il senso del viaggiare: sapere che ogni arrivo contiene già, in fondo, il desiderio di una nuova partenza.
Guardando indietro a queste giornate, sento un senso di completezza che va oltre le tappe segnate sulla cartina o le foto accumulate sul telefono. Ogni porto ha raccontato una storia diversa: Lisbona con le sue strade colme di luce e tram gialli, Cascais con il suo fascino rilassato e chic, Porto tra azulejos e vicoli vivaci, Tangeri con il bianco accecante della kasbah e i colori della medina, Barcellona con la sua energia e l’architettura che sembra danzare. Ogni città ci ha offerto un pezzo di mondo, un assaggio di cultura, di tradizioni e di atmosfere uniche. Il cibo, le passeggiate, le escursioni guidate e quelle improvvisate hanno intrecciato il viaggio con la quotidianità dei luoghi: mercati affollati, carretti di spezie, gattini curiosi e sorrisi che superano le barriere linguistiche. Tutto questo ha reso ogni giornata viva, autentica e indimenticabile.

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La nave, il nostro spazio sospeso tra il mare e il cielo, ha reso possibile tutto questo: una combinazione di comodità, attività, momenti di svago e spazi per riflettere. Le giornate di navigazione ci hanno permesso di fermarci davvero, di lasciar sedimentare le emozioni, di assaporare il ritmo lento delle onde e il blu infinito dell’orizzonte. È in quei momenti che ci siamo sentiti davvero a casa, insieme. Questa crociera ci ha ricordato quanto sia prezioso il tempo condiviso in famiglia, la curiosità che spinge a esplorare e la capacità di fermarsi a osservare anche i dettagli più piccoli. Ci ha ricordato ancora una volta perché amiamo navigare: perché il mare non è mai soltanto un passaggio, ma un compagno di viaggio, un filo azzurro che unisce ricordi e desideri.

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Celebrity Equinox si è rivelata, ancora una volta, una casa lontano da casa. Non è una nave sfarzosa né di ultimissima generazione, ma forse è proprio questo il suo punto di forza: ha un’anima accogliente, equilibrata, e rispecchia pienamente il nostro modo di intendere un viaggio in crociera.
A bordo c’è tutto ciò che serve: spazi ampi e ben distribuiti, zone tranquille per chi cerca relax e ambienti più vivaci per chi ama la compagnia. Non abbiamo mai avuto la sensazione di folla, né ci è mai capitato di dover fare file o di doverci affrettare per trovare posto.
Il servizio è stato impeccabile: attento, discreto e sempre sorridente. Si percepisce un ottimo equilibrio tra numero di ospiti e personale di bordo, e questo fa davvero la differenza. Quello che però ci ha colpiti di più è l’approccio umano: molti membri dell’equipaggio si sono presi il tempo di fare due chiacchiere, di chiedere da dove venivamo, di raccontarci qualcosa della loro vita. Sono questi piccoli gesti che trasformano una semplice vacanza in un’esperienza che resta nel cuore.
L’animazione è varia, mai invadente, calibrata per offrire sempre qualcosa da fare ma senza togliere spazio al silenzio e al mare.
Se proprio volessimo trovare qualche punto debole, direi che l’aria condizionata è impostata su temperature davvero troppo basse — in alcune aree siamo dovuti uscire perché era difficile restare a lungo — e che la ristorazione, pur buona, non sempre ha incontrato pienamente i nostri gusti. Abbiamo certamente mangiato bene, ma abbiamo avuto esperienze più soddisfacenti con altre compagnie.
Per il resto, nulla da eccepire: itinerario splendido, equilibrato tra giornate di navigazione e scali interessanti, con porti tutti diversi e ricchi di spunti. Una crociera che rifaremmo volentieri, e forse — chissà — la rifaremo davvero.

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Con questo pensiero, chiudo il diario della nostra crociera. Voglio ringraziare tutti coloro che sono arrivati a leggere sin qui e tutti quelli che mi hanno incoraggiato. Un grazie speciale va a tutta la comunità del forum, che si è rivelata una miniera preziosissima di informazioni, consigli e suggerimenti.
Adesso che ho terminato di scrivere, non vedo l’ora di iniziare a preparare la prossima crociera: mio figlio ha già impostato l’app con il conto alla rovescia sul mio cellulare, pronto a ricordarci ogni giorno che l’avventura continua.
Un saluto affettuoso da tutta la mia famiglia, con la speranza che anche i vostri viaggi siano pieni di sorrisi, scoperte e momenti indimenticabili.

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