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Movimenti anti turisti

Più che questione di invidia, spero non tutti siano piccoli e gretti, il problema sta alla radice.​
Il turismo è un business che non genera valore, se non per pochissimi, spesso player internazionali o parte di certe corporazioni (vedi balneari)​
Per il resto, è una attività che richiede mano d'opera mediamente poco qualificata e con bassa retribuzione, senza contare le prospettive nulle di carriera.​
È una buona attività complementare per altre attività, che assorba una piccola parte della forza lavoro. Poi, per carità, ci sarà anche una parte alto splendente, ma alla fine chi fa le pulizie alla stanza becca nulla lo stesso. Chi scarica i bagagli prende poco e così via.​
Senza entrare in politica, non si può basare l'economia di un paese su sta roba: può essere una valvola di sfogo, ma il grosso devono essere attività ad alto valore aggiunto che in Italia stanno morendo … e ci si stupisce dei cervelli in fuga…​
 
Più che questione di invidia, spero non tutti siano piccoli e gretti, il problema sta alla radice.​
Il turismo è un business che non genera valore, se non per pochissimi, spesso player internazionali o parte di certe corporazioni (vedi balneari)​
Per il resto, è una attività che richiede mano d'opera mediamente poco qualificata e con bassa retribuzione, senza contare le prospettive nulle di carriera.​
È una buona attività complementare per altre attività, che assorba una piccola parte della forza lavoro. Poi, per carità, ci sarà anche una parte alto splendente, ma alla fine chi fa le pulizie alla stanza becca nulla lo stesso. Chi scarica i bagagli prende poco e così via.​
Senza entrare in politica, non si può basare l'economia di un paese su sta roba: può essere una valvola di sfogo, ma il grosso devono essere attività ad alto valore aggiunto che in Italia stanno morendo … e ci si stupisce dei cervelli in fuga…​
Un estratto da Intesa San Paolo relativo al 2024

questo è il link di riferimento

https://group.intesasanpaolo.com/it...el-turismo-recupera-e-supera-valori-pre-covid

Insommma se il pil turistico ammonta a 104.5 miliardi, non lo definirei di scarso valore.
Che poi l'industria possa generare di più, non c'è dubbio.

Nel 2023 il turismo ha raggiunto 1.300 milioni di arrivi internazionali, ovvero quasi l’89% del dato 2019, un recupero che nel primo trimestre di quest’anno è salito al 97%. Guardando all’intero 2024, l’Organizzazione mondiale del turismo stima che si arriverà a oltrepassare del 2% i valori pre-Covid.

L’Italia, considerando anche i flussi domestici, nel 2023 era al quarto posto in Europa per numero di arrivi nelle strutture ricettive (126,7 milioni, il 96,4% rispetto ai livelli 2019, quindi ancora inferiore ai livelli pre-pandemia), con un netto distacco dalla Francia, al primo posto con 178,8 milioni. Il nostro Paese era però al 3°posto se si considerano i giorni di presenza, cioè il numero di notti, pari a 446,1 milioni (in questo caso la prima posizione era della Spagna con 484,2 milioni di notti), e questo è un dato che invece era già superiore ai livelli precedenti la pandemia (2,2% in più).

Lo scenario sviluppato da SRM stima per l’Italia un proseguimento, nel 2024, della crescita delle presenze turistiche che raggiungerebbero 467,2 milioni, vale a dire il +3,6% rispetto al 2023 e il 107% rispetto al dato del 2019. Un risultato che evidenzia però un andamento del turismo nazionale più debole di quello estero. La componente domestica si stima che, con una crescita del 2,6% rispetto al 2023, possa finalmente superare anche se di poco i livelli pre-pandemici (101,6% rispetto al 2019). Le presenze turistiche internazionali hanno invece una crescita più robusta, con un aumento del 4,5% rispetto al 2023, portandosi su livelli pari al 112,2% rispetto a quelli del 2019. Il contributo internazionale insomma si dimostra sempre più importante per lo sviluppo del settore.

Grazie a questi risultati, per il 2024 si stima la realizzazione di un Pil turistico di 104,5 miliardi di euro, il 4,6% in più del valore del 2019.
 
....maclover scrivi, il turismo è un business che non genera valore? Su che basi? Statistiche?

Come scrivevo prima.
Dati indicano che il turismo incide più o meno sul 12% del PIL, impiegando direttamente circa il 15% della forza lavoro occupata. Già questo dato ti dice come sia a basso valore.

Camerieri e addetti degli hotel, sono i primi esempi che sono venuti in mente. Manodopera generalmente poco qualificata e sicuramente poco retribuita.
È un settore dove c’è una quantità di nero elevata, basti pensare alle proteste dei ristoratori proprio di Venezia quando arrivarono i ristori COVID calibrati sul fatturato (dichiarato ça va sans dire) dell’anno precedente…
In Liguria - dove vado al mare da 45 anni - credo abbiano scoperto le ricevute e i POS negli ultimi 4/5 anni e sono sempre a piangere miseria.

Non è un caso che i paesi che puntano al turismo,siano mediamente più poveri di quelli che invece si pongono altre imbizioni.

E quando sento dire alla classe politica che si potrebbe raddoppiare il peso del turismo… mi vengono i brividi, a meno che non aspiriamo a che i nostri figli diventino tutti camerieri…
 
Un estratto da Intesa San Paolo relativo al 2024

questo è il link di riferimento

https://group.intesasanpaolo.com/it...el-turismo-recupera-e-supera-valori-pre-covid

Insommma se il pil turistico ammonta a 104.5 miliardi, non lo definirei di scarso valore.

Non sto contestando il valore assoluto. Sto facendo un ragionamento sul valore che viene trasferito al Paese in termini di qualità dell’occupazione e delle prospettive di sviluppo.

Lo si vede anche sulle crociere: i prezzi salgono, ma la stragrande maggioranza di chi lavora nel settore sono persone che arrivano da paesi “poveri”. Che tu paghi la cabina 1.000€ o 2.000€ il cabinista sempre lo stesso stipendio e le stesse prospettiva ha in mano.

Ecco, pensare di trasformare l’Italia in una nave da crociera è secondo me folle. Ma forse sbaglio io
 
....proprio non capisco, cosa c'entrano i lavoratori dei paesi poveri che lavorano sulle navi da crociera con il turismo.
Sempre lo stesso discorso: molti di quei poveri lavoratori nel loro Paese sono dei piccoli benestanti, non per nulla sono in coda per trovare un imbarco. E non per nulla non incontri un lavoratore della bassa forza, non in senso dispregiativo, occidentale.
 
Sempre lo stesso discorso: molti di quei poveri lavoratori nel loro Paese sono dei piccoli benestanti, non per nulla sono in coda per trovare un imbarco. E non per nulla non incontri un lavoratore della bassa forza, non in senso dispregiativo, occidentale.
.....non è che in Italia siamo tutti benestanti, è che certi lavori non li vogliamo più fare.!!!
 
.....non è che in Italia siamo tutti benestanti, è che certi lavori non li vogliamo più fare.!!!

Appunto… il turismo non è la panacea dell'economia italiana: rischia di trasformare il Paese in una Disneyland a cielo aperto e non essere un settore attrattivo in cui lavorare.

Come già ho scritto, ho i brividi quando viene osannato come una delle principali risorse economiche. Perché se da una parte è vero che l’Italia è una delle mete più ambite al mondo, dal punto di vista dello sviluppo economico e della qualità del lavoro, il turismo genera valore aggiunto relativamente basso e rischia di ancorare il sistema Paese a un modello economico fragile e arretrato.

La maggior parte dell’occupazione legata al turismo è stagionale, non certo ben pagata e sicuramente poco qualificata. La filiera turistica (hotel, ristorazione, servizi…) si regge su manodopera a basso costo, spesso giovane o straniera, con scarsa tutela contrattuale e poche prospettive di crescita.

Come scrivevo prima, rischiamo di trasformare un’intera generazione in camerieri, receptionist e addetti al trasporto bagagli, mentre altri Paesi investono in innovazione, tecnologia, manifattura ad alto valore aggiunto.

Senza contare che puntare eccessivamente sul turismo espone l’economia alla volatilità dei flussi turistici: senza rievocare la pandemia, basta una crisi geopolitica o un cambiamento climatico per far crollare i numeri. È un settore poco resiliente e fortemente dipendente da fattori esterni.

Anche questo l’avevo già scritto, ma ora (spero) esprimo meglio il concetto: il turismo può essere una componente dell’economia, ma non può e non deve diventare il perno come qualcuno vaneggia. Serve una visione industriale di lungo periodo che investa in settori ad alta produttività, nella formazione di competenze qualificate e in un modello che crei benessere diffuso, non solo profitti per pochi grandi operatori del settore.

Un esempio concreto restando nel Mediterraneo? Basta guardare a Grecia e Spagna che hanno fatto del turismo una delle colonne portanti della loro economia. In entrambi i casi, la dipendenza da questo settore ha sì garantito un aumento del PIL, ma non ha portato a un reale salto di qualità in termini di sviluppo economico.
Il reddito pro capite in Grecia è significativamente inferiore alla media europea, e anche in Spagna, pur con una struttura turistica molto più sviluppata della nostra, il livello medio dei salari resta basso e la disoccupazione - in particolare quella giovanile - rimane cronicamente alta.
Perché per servire a un tavolo o trasportare i bagagli, un immigrato da paesi poveri costerà sempre meno e si adatterà a peggiori condizioni di lavoro rispetto a un locale, anche non benestante.
 
"basta una crisi geopolitica o un cambiamento climatico per far crollare i numeri. È un settore poco resiliente e fortemente dipendente da fattori esterni."

Perché ci sono settori in cui una crisi geopolitica o cambiamento climatico non può fare crollare i numeri?
 
Come in ogni settore è l'improvvisazione che è deleteria. Il nostro Paese ha e deve puntare sull'eccellenza e non mi sentirei di dire che il turismo è una fonte stagionale. Le città tutte, parlando sempre di eccellenze, sanno attrarre tutto l'anno. Il lavoro poi, nello specifico su Milano , con una movimentazione di persone che si recano per convegni, fiere di settore ecc.riempie le strutture tutto l'anno.
Certo non ci si deve improvvisare in questo settore e in tal senso crescono le offerte formative di alto livello. Gli istituti alberghieri della nostra zona hanno, per i loro maturandi, già i posti assegnati e ne servirebbero ancora di più. Stiamo parlando di ragazzi che si impegnano nell' apprendimento di una professione e di sicuro non si improvvisano.
 
"basta una crisi geopolitica o un cambiamento climatico per far crollare i numeri. È un settore poco resiliente e fortemente dipendente da fattori esterni."

Perché ci sono settori in cui una crisi geopolitica o cambiamento climatico non può fare crollare i numeri?

La differenza sta nella capacità di resilienza, nel valore aggiunto generato e nella possibilità di evoluzione. Il turismo è intrinsecamente fragile, perché dipende da fattori volatili e spesso esterni al controllo: basta anche solo che cambi la percezione o la moda.
Lo vedi ora nelle prenotazioni verso gli USA, crollate, o per il turismo cinese che post-pandemia si è profondamente modificato.

Altri settori (es. la manifattura o il tech nelle sue varie declinazioni giusto per fare due esempi) generano valore ad alta intensità di conoscenza, creano occupazione qualificata e hanno filiere produttive più complesse e radicate sul territorio. Sono certo esposti a crisi, ma tendenzialmente sono più capaci di adattarsi, innovare e rigenerarsi. Anche cambiando più o meno radicalmente.
Non è un caso che i paesi che investono su ricerca, competenze e tecnologie siano in grado di resistere e ripartire anche dopo shock locali o globali.
Se invece si punta a dipendere sempre più dai flussi turistici, si rischia di rimanere fermi in attesa del “bel tempo”, in senso letterale e figurato
 
Sì, poi basta che quello di turno applichi dazi assurdi, che qualcuno chiuda i rubinetti del gas, che la filiera rischia di crollare.
Quante aziende hanno chiuso ultimamente per il costo energetico?

Le bellezze naturali, il patrimonio storico, artistico, culturale, non crolla per gli estri di qualcuno.
 
non mi sentirei di dire che il turismo è una fonte stagionale. Le città tutte, parlando sempre di eccellenze, sanno attrarre tutto l'anno.

Al di là delle percezioni, lo dicono i dati ISTAT

Oltre la metà delle presenze turistiche del 2023 si concentra in estate: circa 262 milioni da giugno a settembre, il 58,6% del totale annuo

poi certamente le città non sono rappresentative della media, e ancora meno lo è Milano.
Ma se si guarda al sistema Paese, è innegabile che il turismo sia stagionale.

Prima avevo fatto un esempio estremo con i balneari: poche tasse pagate da giugno a settembre e sussidio di disoccupazione in tasca da ottobre a maggio. È una goccia nel mare… ma rende l’idea di quanto il sistema sia distorto.
 
Sì, poi basta che quello di turno applichi dazi assurdi, che qualcuno chiuda i rubinetti del gas, che la filiera rischia di crollare.
Quante aziende hanno chiuso ultimamente per il costo energetico?

Le bellezze naturali, il patrimonio storico, artistico, culturale, non crolla per gli estri di qualcuno.

Anche l’industria è esposta a rischi sistemici e non mi permetterei di scrivere che vi siano settori al al riparo.
Ma la differenza è che i settori ad alta produttività hanno strumenti per adattarsi, innovare e mantenere competitività, anche in contesti critici.
È vero che molte aziende hanno sofferto il caro energia, ma molte altre, soprattutto quelle tecnologicamente avanzate e più solide, hanno accelerato la transizione verso fonti rinnovabili, efficientamento e automazione, riorganizzando le filiere e in certi casi perfino crescendo.

Di contro, il turismo pur poggiando su un patrimonio meraviglioso non genera automaticamente ricchezza né lavoro qualificato, se non è accompagnato da investimenti, progettazione urbana, competenze e politiche lungimiranti.
“Le bellezze naturali, il patrimonio storico, artistico, culturale” non bastano da sole, perché se così fosse dovremmo essere la nazione più ricco d’Europa 😅

E invece ci ritroviamo con salari bassi e tantissimi giovani, in particolare quelli con più competenze, che emigrano.

Siamo partiti da Venezia, una città che amo profondamente e che rappresenta un esempio estremo, ma purtroppo emblematico, di cosa accade quando un’economia si sbilancia troppo sul turismo.

Chi si è arricchito dal boom turistico della laguna? Non certo la maggioranza dei cittadini.
A beneficiare sono stati: i proprietari immobiliari, spesso per puro caso, grazie all’esplosione degli affitti brevi; i grandi gruppi alberghieri e i fondi di investimento internazionali, che hanno acquisito immobili trasformandoli in hotel di lusso, spesso sottraendoli alla vita cittadina.
E mentre il centro storico si svuota di residenti e botteghe, la manodopera che fa funzionare il turismo arriva ogni giorno dalla terraferma, per stipendi bassi e poca stabilità. Una larga parte di questa forza lavoro oggi è composta, non a caso, da lavoratori stranieri.

Nel frattempo, quanti giovani veneziani sono andati via? Quanti ragazzi cresciuti in una città unica al mondo, con un patrimonio culturale straordinario, si sono trasferiti altrove per mettere a frutto percorsi di studio, competenze, specializzazioni universitarie? Hanno capito che rimanere avrebbe significato, nella migliore delle ipotesi, fare i camerieri per i turisti americani, servendo spritz a 25 euro in piazza San Marco.

Il paradosso è proprio questo: un’economia basata sul turismo può impoverire una città dal punto di vista sociale, culturale e umano. La rendita sostituisce la produzione, con l’ovvia conseguenza che il tessuto urbano si svuota della comunità, per diventare un gigantesco parco a tema.

Ecco perché il punto non è per me “turismo sì o turismo no”, ma che tipo di turismo, con quale impatto, per quale visione di futuro.
Venezia, oggi, è un monito più che un modello e chi pensa di spingere ancora di più sul turismo dovrebbe, forse, riflettere un po’ di più sulle conseguenze a medio e lungo termine.
 
Serve una visione industriale di lungo periodo che investa in settori ad alta produttività, nella formazione di competenze qualificate e in un modello che crei benessere diffuso, non solo profitti per pochi grandi operatori del settore.
concordo e sottoscrivo. Sono la manifattura, l'industria media e l'industria pesante che fanno l'ecnonomia sana di una nazione. ma anche e sopratutto l'industria tecnologica, l'industria ad elevato valore aggiunto che fanno, eccome se fanno!

ciò detto è pur vero che anche il settore turistico che genera un certo indotto di terziario. non ci sono solo i camerieri o gli addetti alle pulizie, ci sono tutta un miriade di fornitori esterni: artigiani, commercianti, piccole e medie aziende che si occupano di millemila cose correlate.

un esempio apparentemente banale ma al contempo macroscopico? Fincantieri. Decine di migliaia di lavoratori tra dipendenti diretti e fornitori esterni. Senza il mercato delle navi da crociera che ne sarebbe stato di loro? non tutti sono bravi e rapidi a re-inventarsi quando un comparto economico crolla. Per non parlare del settore della nautica d'altura, degli yacht. che ci vedonocome paese ai primi posti tra i grandi player mondiali del settore. Mazzi di migliaia di posti di lavoro, costituiti molto spesso da professioni ad alta specializzazione.
 
Ultima modifica:
@massimilianob nella foga ho evidentemente estremizzato: il general manager di un hotel di lusso come il nuovo Bulgari di Roma probabilmente guadagna quanto (o più di) il direttore di una media impresa. Quindi, no, non sono tutti camerieri, per fortuna!

Però, per dire, Fincantieri o Azimut non sono necessariamente collegate al fatto che l’Italia sia un paese turistico.
I coreani fanno 4 volte Fincantieri così come tedeschi e olandesi sono anch’essi leader nella produzione di yacht che difficilmente verranno usati nei rispettivi mari 😉

La questione che voglio porre è un’altra: non si tratta di demonizzare il turismo, ma di rifiutare l’idea che debba diventare il focus principale dell’economia nazionale. Quando sento certi leader politici dire che "l’Italia potrebbe vivere di turismo", o che il turismo dovrebbe valere il 25‑30% del PIL, mi si gela il sangue.

Non solo perché sarebbe economicamente sbilanciato e socialmente insostenibile, ma perché rischia di creare un Paese che si adagia su una rendita passiva invece di scommettere sul futuro.
L’ho già scritto, il turismo può e deve esserci, anche per le giustissime considerazioni che hai condiviso. Ma in equilibrio con settori produttivi ad alto valore aggiunto, restando parte di un sistema, non diventando il sistema stesso.
 
credo sia solo una delle tante patetiche sparate che fa la politica. è ovvio che non possiamo diventare un paese ad esclusiva trazione turistica, non siamo le maldive o mauritius. e forse nemmeno la grecia lo è
La questione che voglio porre è un’altra: non si tratta di demonizzare il turismo, ma di rifiutare l’idea che debba diventare il focus principale dell’economia nazionale. Quando sento certi leader politici dire che "l’Italia potrebbe vivere di turismo", o che il turismo dovrebbe valere il 25‑30% del PIL, mi si gela il sangue.
 
Come avevo scritto, non avrei voluto citare la politica… ma dal sito del Ministero del Turismo

“Raddoppio spesa turisti è conferma che il comparto può determinare crescita del Pil”

“L’Italia è la 5° Nazione al mondo per entrate derivanti dal turismo. Questo significa che rendere il comparto primo contributore del Pil Nazionale è possibile, così come è possibile andare oltre la stagionalità, sviluppando il turismo lento e quello dei nostri meravigliosi borghi. Tutti elementi in cui crediamo e su cui stiamo investendo per dare all’Italia un turismo moderno, sostenibile e all’avanguardia, garantendo al settore un futuro di crescita e sviluppo di cui può beneficiare tutta la Nazione”

Ora, su un PIL di ≈1.100B, il turismo viene stimato tra i 110B e i 120B (anche lo studio postato prima da Leonardo riporta una cifra simile). Si parla di stima poiché è trasversale a più settori e non appare come una voce autonoma; il peso infatti tiene conto di valori diretti e indiretti generati da più attività come alloggio, ristorazione, trasporti, cultura, commercio, servizi, etc etc

Orbene. Il turismo aggregato pesa tra il 10% e il 12% del PIL.
Portarlo al primo posto, vorrebbe dire superare il muro dei 300B del manifatturiero…e andare a pesare il 30%…

Certo, prendiamola come sparata, ma è un pensiero condiviso da molti, ma non per questo meno terribile
 
Come avevo scritto, non avrei voluto citare la politica… ma dal sito del Ministero del Turismo

“Raddoppio spesa turisti è conferma che il comparto può determinare crescita del Pil”

“L’Italia è la 5° Nazione al mondo per entrate derivanti dal turismo. Questo significa che rendere il comparto primo contributore del Pil Nazionale è possibile, così come è possibile andare oltre la stagionalità, sviluppando il turismo lento e quello dei nostri meravigliosi borghi. Tutti elementi in cui crediamo e su cui stiamo investendo per dare all’Italia un turismo moderno, sostenibile e all’avanguardia, garantendo al settore un futuro di crescita e sviluppo di cui può beneficiare tutta la Nazione”

Ora, su un PIL di ≈1.100B, il turismo viene stimato tra i 110B e i 120B (anche lo studio postato prima da Leonardo riporta una cifra simile). Si parla di stima poiché è trasversale a più settori e non appare come una voce autonoma; il peso infatti tiene conto di valori diretti e indiretti generati da più attività come alloggio, ristorazione, trasporti, cultura, commercio, servizi, etc etc

Orbene. Il turismo aggregato pesa tra il 10% e il 12% del PIL.
Portarlo al primo posto, vorrebbe dire superare il muro dei 300B del manifatturiero…e andare a pesare il 30%…

Certo, prendiamola come sparata, ma è un pensiero condiviso da molti, ma non per questo meno terribile
Il PIL e’ il doppio di quello che hai scritto…2.200 miliardi di Euro.
 
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